di Patrizia Lusi
La grande crisi, per anni solo paventata, è arrivata: il mondo agricolo della Capitanata è in rivolta … e questa volta non scherza. Sul fronte della rivolta, questa volta, non si registrano defezioni: le maggiori associazioni di categoria che rappresentano la totalità del mondo agricolo dauno, hanno deciso di unirsi per scendere in piazza a protestare ad oltranza fino all’ottenimento di risposte serie, concrete, risolutive.
Le origini della crisi hanno radici lontane, da quando l’Unione Europea ha deciso di ridurre gradualmente gli aiuti alla nostra agricoltura in vista dell’ingresso di nuovi paesi dell’est dell’Europa considerati con un ritardo di sviluppo superiore al nostro. Ed ancora, lo sfruttamento intensivo dei fondi per l’installazione delle pale eoliche ha sottratto terreno fertile che un tempo contribuiva alla fama delle nostra terra come “il granaio di’Italia”.
Sempre sul fronte delle cause, molta responsabilità hanno i meccanismi della globalizzazione e l’abitudine di utilizzare nei vari processi di produzione e o trasformazione dei prodotti il grano estero, ed altri prodotti agricoli, il cui costo è decisamente inferiore e la cui qualità - lasciatecelo passare - non ha nulla a che vedere con quella dei frutti della nostra terra.
Le richieste avanzate questa volta sono poche, chiare e precise, così come emerge dalle dichiarazioni rilasciate dai maggiori esponenti del mondo dell’agricoltura. Si chiede il rifinanziamento del fondo di solidarietà, senza il quale le aziende non possono procedere alla stipula dei contratti di assicurazione; la ristrutturazione dei debiti delle aziende, sia singole che aggregate, nei confronti delle banche che, a loro volta, sono state aiutate dal Ministero dell’Economia; la defiscalizzazione permanente degli oneri sociali, senza rincorrere le proroghe (l’ultima scade il 31/12/2009); la pubblicazione dei bandi PSR che immetterebbe liquidità nelle casse delle aziende; controlli igienico sanitari sulle merci estere affinché, alla pari di quelle prodotte in Italia per le quali giustamente il controllo è rigorosissimo, non arrechino pericoli alla salute.
Queste alcune delle rivendicazioni avanzate da questa nuova ondata di proteste che non accennano a smorzarsi perché hanno un unico obiettivo: svegliare tutta la classe politica locale, chiedere un contributo in termini di strategia, di sviluppo, senza pensare all’appartenenza politica. Unire il mondo della politica, imprenditoriale e di categoria in un’unica grande battaglia, per la difesa delle nostre specialità, per la difesa della vocazione agricola del territorio, per scongiurare una crisi che metterebbe in ginocchio un comparto da cui dipende il destino di almeno il 40% della popolazione della Capitanata.
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